venerdì 19 ottobre 2012

HELICOBACTER PYLORI





L' Helicobacter pylori (Hp) è un batterio a forma di spirale che vive nello stomaco e nel duodeno (il tratto di intestino subito al di sotto dello stomaco), causando una infiammazione della mucosa gastrica (gastrite).



Il succo gastrico è composto da acido cloridrico concentrato ed enzimi digestivi, che possono sciogliere rapidamente anche i cibi più duri o i microrganismi più resistenti. Batteri, virus e la bistecca della cena di ieri, vengono tutti disciolti in questo bagno mortale di prodotti chimici. Per tale ragione, si è sempre pensato che lo stomaco fosse sterile; ma la scoperta dell' Hp da parte di scienziati australiani, nel 1983, ha modificato questa convinzione.

L' Hp, ha un modo tutto particolare di adattarsi all'ambiente inospitale dello stomaco: lo stomaco è protetto dal suo stesso succo gastrico, da uno spesso strato di muco che ricopre la mucosa gastrica, e l'Hp approfitta di questa protezione, vivendo e moltiplicandosi proprio nello strato mucoso. Al riparo dal succo gastrico, neutralizza poi l'acido che riesce a raggiungerlo, mediante un enzima che possiede, chiamato "ureasi". L'ureasi converte l'urea, contenuta abbondantemente nello stomaco, in bicarbonato ed ammonio, che sono alcali forti e che neutralizzano l'acido cloridrico. Si crea quindi una piccola "nuvola" di prodotti chimici che neutralizzano l'acido intorno all' Hp e lo proteggono.

La reazione della idrolisi dell' urea, viene utilizzata nella diagnosi di infezione da Hp: è infatti alla base dell' "Urea Breath Test", uno dei test più sensibili ed affidabili oggi disponibili.

Un'altra difesa dell'Hp consiste nel fatto che le difese immunitarie naturali dell'organismo, non possono raggiungerlo nel muco gastrico. Il sistema immunitario risponde all'infezione da Hp inviando globuli bianchi, linfociti T "Killer" ed altri fattori di difesa, ma questi non riescono a raggiungere l'infezione perchè non penetrano agevolmente la barriera mucosa dello stomaco. Però non vanno neanche via, così i fattori immunitari si accumulano sempre più: i Polimorfonucleati (un tipo di globuli bianchi) muoiono ed il loro contenuto altamente distruttivo (radicali superossido) si riversa sulle cellule della mucosa gastrica. Inoltre vengono inviati tramite la circolazione ematica nutrienti in più per rinforzare i globuli bianchi e l'Hp ne approfitta, nutrendosi esso stesso di tali composti. In tal modo, entro pochi giorni si sviluppa una gastrite che può talvolta progredire fino all'ulcera peptica. Si ritiene infatti che non sia l'Hp stesso a provocare il danno della mucosa gastrica, ma la risposta immunitaria al microrganismo.

TRASMISSIONE

Si ritiene che l'Hp si trasmetta per via oro-fecale, in seguito all'ingestione di cibo o altro materiale contaminato con materiale fecale (l'igiene delle mani diventa fondamentale per evitare il contagio). E' inoltre possibile che l' Hp, risalendo dallo stomaco alla bocca in seguito a reflusso gastro-esofageo, possa trasmettersi anche tramite contatto orale.

DIFFUSIONE

Nel mondo occidentale, l' Helicobacter pylori infetta circa il 20 % delle persone al di sotto dei 40 anni e circa il 50 % di quelle di più di 60 anni. E' invece raro nei bambini.

LE MALATTIE ASSOCIATE AD H.P.

Ulcera duodenale

Le ulcere duodenali, si manifestano nella prima parte dell'intestino, 3-5 cm dopo la fine dello stomaco, in pazienti con una infezione da H. pylori. Se le ulcere vengono trattate con antiacidi (Zantac, Ranidil, Omeprazolo ecc.), in genere recidivano quando viene interrotto il trattamento. I farmaci antiacidi sono quindi costosi e non curano alla radice il problema dell'ulcera. E' stato provato che eradicando l' Hp, molti pazienti guariscono definitivamente. Il trattamento è più efficace in pazienti al di sotto dei 50 anni, ma ne traggono beneficio anche soggetti più anziani. Dopo aver eradicato l'H. pylori, la maggior parte dei pazienti (80 %) sarà in grado di sospendere le terapie con antiacidi (Zantac, Ranidil. Famodil, Lansox, ecc. ecc.).



Ulcera gastrica

Sono ulcere che si formano sulla parete dello stomaco e riconoscono due cause: la più comune è l'infezione dello stomaco da H. pylori (70 % circa). Anche se le ulcere gastriche hanno un comportamento più complesso di quelle duodenali, l'efficacia del trattamento antibiotico dell'ulcera gastrica sembra essere simile a quella dell'ulcera duodenale (tasso di guarigione 70 - 90 % se l'Hp viene eradicato). Vale la pena notare che gli antibiotici attivi contro l' Hp sono stati usati per diversi anni in Cina come trattamento per l'ulcera gastrica con ottimi risultati.

Circa il 30 % delle ulcere gastriche non sono causate da H. pylori, ma sono dovute all'effetto corrosivo di farmaci antifebbrili, antinfiammatori e antidolorifici (aspirina e derivati). Tuttavia se è presente l' Hp, anche queste ulcere possono beneficiare della terapia antibiotica. Se invece l' Hp non è presente, è sufficiente un trattamento con farmaci antiacidi.



Tumori dello stomaco

Il cancro dello stomaco (adenocarcinoma gastrico) è spesso associato ad H. pylori (70 - 90 %). In una estesa revisione di casi di carcinoma gastrico, l' Eurogast Study Group ha dimostrato che la presenza di H. pylori determina un aumento di circa 6 volte del rischio di cancro gastrico. Si pensa che la gastrite cronica conduca a metaplasia intestinale che a sua volta può degenerare in tumore maligno.

Un altro tumore gastrico, il linfoma maligno a basso grado o MALToma, sembra derivare dalla degenerazione maligna di tessuto linfoide associato alla mucosa (MALT - Mucosa Associated Lymphoid Tissue). Studi bioptici retrospettivi hanno dimostrato che il 90 % di questi MALTomi sono associati alla presenza di H. pylori, e studi recenti sembrerebbero dimostrare circa il 50 % di guarigioni di MALTomi localizzati, dopo eradicazione di H. pylori

Dispepsia non ulcerosa ed alcuni casi di nausea e vomito

Nei pazienti con dispepsia cronica (cattiva digestione) che non hanno ulcera peptica, il ruolo dell' H. pylori non è stato ancora chiarito. Bisogna quindi considerare prima di tutto altre possibili cause per la sintomatologia dispeptica, ma se vengono escluse altre cause e viene dimostrata la presenza di H. pylori, si deve prendere in considerazione una ciclo di terapia anti-Helicobacter.

In alcuni pazienti si ottengono risultati immediati dopo la terapia, in altri si ha un miglioramento graduale nell'arco di alcuni mesi.

Alcuni studi indicano che pazienti con nausea e vomito ricorrenti, guariscono dopo eradicazione dell' Hp



Altre sindromi

Questo paragrafo contiene molte teorie non provate ed informazioni aneddotiche senza prova scientifica, tuttavia può offrire qualche traccia per alcune condizione cliniche ancora non ben comprese.

Ci sono diverse malattie che potrebbero essere causate o peggiorate dall' H. pylori: l' Acne Rosacea, ad esempio, una eruzione cutanea rossastra che compare sul volto, risponde talvolta alla terapia contro l' Hp.

I pazienti con Hp hanno una aumentata permeabilità della mucosa gastrica e sono potenzialmente esposti ad antigeni non digeriti provenienti dai cibi e questa situazione può portare a problemi del sistema immunitario.

Gli anticorpi anti-Helicobacter possono reagire con un meccanismo di immunità crociata, anche verso alcuni tessuti del tratto gastrointestinale, portando alla formazione di autoanticorpi contro questi tessuti.

Alcuni rash cutanei di origine non definita sono talvolta scomparsi dopo terapia per Hp.

Molti pazienti riferiscono, dopo terapia per Hp, scomparsa di astenia e notevole aumento del benessere generale, la terapia per Hp andrebbe quindi presa in considerazione nella Chronic Fatigue Syndrome (Sindrome della Stanchezza Cronica).

Molte persone con alitosi cronica, rispondono bene al trattamento per l' Hp: può darsi che ciò sia dovuto al fatto che molti batteri presenti nella bocca rispondono agli stessi antibiotici usati per Hp, ma può anche darsi che Hp sia la causa diretta dell'alitosi (cattiva digestione, acloridria ecc). In ogni caso, vale la pena di trattare l' infezione da Hp.

TUMORE ALLA MAMMELLA




Ogni anno in Italia vengono diagnosticati 37.000 nuovi casi: il tumore del seno è il più frequente nel sesso femminile. Grazie, però, ai continui progressi della medicina e agli screening per la diagnosi precoce, nonostante il continuo aumento dell’incidenza, di tumore del seno oggi si muore meno che in passato.
Sono stati identificati molti fattori di rischio, alcuni modificabili, come gli stili di vita, altri invece no, come l’età (la maggior parte di tumori del seno colpisce donne oltre i 40 anni) e fattori genetico-costituzionali. Tra gli stili di vita dannosi si possono citare, per esempio, un’alimentazione povera di frutta e verdura e ricca di grassi animali, il vizio del fumo e una vita particolarmente sedentaria.
Ci sono inoltre alcuni fattori legati alla vita riproduttiva che possono influenzare il rischio di tumore del seno: un periodo fertile breve (prima mestruazione tardiva e menopausa precoce) e una gravidanza in giovanissima età sono protettive, così come l’allattamento per oltre un anno.
Il 10 per cento circa dei tumori del seno è ereditario, legato cioè alla presenza nel DNA di alcune mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2.
La prevenzione del tumore del seno deve cominciare a partire dai 20 anni con l’autopalpazione eseguita con regolarità ogni mese. E’ indispensabile, poi, proseguire con controlli annuali del seno eseguiti dal ginecologo o da uno specialista senologo affiancati alla mammografia annuale dopo i 50 anni o all’ecografia, ma solo in caso di necessità, in donne giovani.
La visita senologica consiste nell’esame clinico completo del seno da parte di un medico specializzato. È una metodica semplice e indolore, effettuata nello studio del medico senza l’ausilio di particolari strumenti. Questo tipo di valutazione da sola in genere non è sufficiente a formulare una diagnosi precisa, ma può sicuramente essere utile per chiarire situazioni un po’ sospette.
Il senologo, prima di cominciare l’esame vero e proprio delle mammelle, si occupa dell’anamnesi, ovvero della raccolta di informazioni che potranno essere utili per formulare la diagnosi finale: eventuale presenza di casi di tumore del seno in famiglia, età di comparsa del primo ciclo mestruale e della menopausa, gravidanze, alimentazione, terapie ormonali (contraccettivi orali, terapie ormonali sostitutive in menopausa, eccetera). Solo dopo aver terminato questa fase il senologo può procedere con l’esame clinico propriamente detto che parte con l’osservazione e termina con la palpazione: il medico compie tutti quei gesti che ogni donna dovrebbe compiere mensilmente nel corso dell’autopalpazione.
La visita periodica dal senologo non è necessaria per le donne più giovani, ma è sufficiente effettuare con regolarità l’autopalpazione del seno (una volta al mese tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo) e rivolgersi al proprio medico di base e al ginecologo per i controlli. In caso di dubbio è proprio il medico generico o il ginecologo a consigliare una visita senologica specialistica durante la quale, grazie anche ad altri esami quali l’ecografia, è possibile distinguere tra patologie maligne e benigne del seno e se necessario, impostare la terapia più corretta. La visita annuale è fortemente consigliata dopo i 40 anni, mentre dopo i 50 è necessaria anche la mammografia.
Le donne dispongono di strumenti molto efficaci per la diagnosi precoce del tumore del seno, primo tra tutti la mammografia, affiancata da altri quali ecografia o risonanza magnetica. La prevenzione è fondamentale perché individuare un tumore ancora molto piccolo aumenta notevolmente la possibilità di curarlo in modo definitivo, ma è importante scegliere lo strumento più adatto.
Tra i 20 e i 40 anni generalmente non sono previsti esami particolari, se non una visita annuale del seno dal ginecologo o da un medico esperto. Solo in situazioni particolari, per esempio in caso di familiarità o di scoperta di noduli, è possibile approfondire l’analisi con una ecografia o una biopsia (agoaspirato) del nodulo sospetto. La mammografia non è raccomandata perché la struttura troppo densa del tessuto mammario in questa fascia di età renderebbe poco chiari i risultati.
Tra i 40 e i 50 anni le donne con presenza di casi di tumore del seno in famiglia dovrebbero cominciare a sottoporsi a mammografia con cadenza annuale, meglio se associata a ecografia vista la struttura ancora densa del seno.
Tra i 50 e i 60 anni il rischio di sviluppare un tumore del seno è piuttosto alto e di conseguenza le donne in questa fascia di età devono sottoporsi a controllo mammografico ogni anno.
Infine, anche dopo i 60 anni la prevenzione oncologica è importante e, nel caso del tumore del seno, lo è ancora di più, dal momento che tra i 50 e i 70 anni il rischio di sviluppare questo tumore raggiunge il suo massimo. Gli esperti consigliano una mammografia ogni due anni almeno fino ai 75 anni perché la vita media si è allungata e si possono ottenere buoni risultati terapeutici anche in pazienti anziane.
Nelle donne positive al test genetico per BRCA1 o 2 è indicata un’ecografia semestrale e una risonanza annuale, anche in giovane età.
Anche se la mammografia rimane uno strumento molto efficace per la diagnosi precoce del tumore del seno, oggi sono disponibili anche altre tecniche diagnostiche come la risonanza magnetica (ancora limitata a casi selezionati), la PEM (una tomografia a emissione di positroni - PET - specifica per le mammelle) e un nuovo esame già definito il Pap-test del seno che consiste nell’introduzione di liquido nei dotti galattofori (i canali attraverso i quali passa il latte) e nella successiva raccolta di questo liquido che porta con sé anche alcune cellule. Grazie al microscopio è poi possibile individuare quali tra le cellule fuoriuscite ha caratteristiche pretumorali permettendo una diagnosi molto precoce del tumore del seno.
L’autopalpazione è un esame che ogni donna può effettuare comodamente a casa propria: permette di conoscere profondamente l’aspetto e la struttura normale del seno e quindi di poter cogliere precocemente qualsiasi cambiamento. L’esame si svolge in due fasi:
  • l’osservazione permette di individuare mutazioni nella forma del seno o del capezzolo,
  • la palpazione può far scoprire la presenza di piccoli noduli che prima non c’erano.
Quando si parla di autopalpazione si pensa solo a un esame per la ricerca di noduli nella ghiandola mammaria, ma in realtà grazie a questo esame possono emergere altri segnali che devono spingere a consultare un medico, come retrazioni o cambiamenti della pelle, perdite di liquido dai capezzoli e cambiamenti di forma della mammella.
A partire dai 20 anni l’esame può essere effettuato una volta al mese tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo. Rispettare questi tempi è importante perché la struttura del seno si modifica in base ai cambiamenti ormonali mensili, e si potrebbero di conseguenza creare, in alcuni casi, confusioni o falsi allarmi.
È bene ricordare che, oltre agli ormoni, anche l’età, il peso corporeo, la familiarità e l’uso di contraccettivi orali influenzano la struttura del seno che, a volte, specialmente nelle donne giovani, si presenta particolarmente densa e difficile da valutare correttamente con l’autoesame.
Tra i 40 e i 50 anni l’incidenza (cioè i numero di nuovi casi) del tumore del seno aumenta in modo rapido e costante e quindi le donne in questa fascia di età non possono rinunciare all’autopalpazione come strumento di prevenzione. Con il sopraggiungere della menopausa, l’esame può essere eseguito indifferentemente in qualunque periodo del mese e deve essere effettuato con regolarità anche e soprattutto dalle over 60 poiché il picco di incidenza (numero di nuovi casi) del tumore del seno si colloca proprio tra i 65 e i 70 anni.
L’autopalpazione rappresenta un primo strumento di prevenzione del tumore del seno, ma da sola non può bastare e deve essere abbinata, a partire dai 45-50 anni, o anche prima in caso di familiarità o alterazioni, a visite senologiche ed esami strumentali più precisi come ecografia o mammografia.


MAMMOGRAFIA




Che cos’è
La mammografia è un esame radiologico che, utilizzando raggi x, consente uno studio molto accurato delle mammelle.
Come si esegue
Attualmente l’esame viene eseguito impiegando una apparecchiatura radiologica dedicata, il mammografo.

La mammella viene posizionata su un apposito sostegno e compressa mediante un piatto in materiale plastico detto compressore.

Vengono eseguite, di base, due proiezioni (cranio-caudale ed obliqua mediolaterale) per ogni mammella: in totale si ottengono quindi quattro radiografie.
Ulteriori proiezioni aggiuntive possono essere eseguite quando necessario. L’acquisizione delle immagini dura, per ogni proiezione, pochissimi secondi. Complessivamente l’indagine dura 10-15 minuti.


Non vengono somministrati farmaci e non viene utilizzato mezzo di contrasto.

Non è necessaria alcuna preparazione prima dell’esame; non viene effettuata alcuna forma di anestesia. Al termine dell’esame la donna può lasciare il centro immediatamente; non è necessario un periodo di osservazione né essere accompagnati.
Quando si esegue
Nelle donne con il ciclo mestruale ancora presente, è opportuno eseguire l’esame nella prima metà del ciclo, perché è il periodo in cui il seno è meno teso e quindi più facilmente comprimibile. Inoltre in questa fase è possibile escludere una eventuale gravidanza.
Nelle donne in fase postmenopausale è generalmente possibile eseguire l'indagine in qualunque momento.
Avvertenze
Al momento dell’esecuzione dell’esame è importante portare con se tutta la documentazione relativa ad indagini diagnostiche senologiche eseguite in precedenza. Potrebbero essere di fondamentale importanza per il medico radiologo per un eventuale confronto.
La compressione del seno è irrinunciabile per una corretta esecuzione dell’esame; è consigliabile diffidare di indagini eseguite senza adeguata compressione della mammella.
Segni radiologici di tumore
I principali segni radiologici di tumore sono costituiti dalla presenza di opacità a margini più o meno irregolari, aree di distorsione parenchimale, lesioni stellate, asimmetrie, microcalcificazioni.
Limiti della mammografia
La mammografia è l'esame più importante per la diagnosi del carcinoma della mammella. Tuttavia la metodica, sebbene notevolmente perfezionata nel corso degli anni, non è in grado di riconoscere la totalità delle lesioni neoplastiche mammarie: nelle casistiche più recenti si riporta dal 10 al 20% di tumori non diagnosticati con la mammografia; le cause possono essere relative al tumore stesso (troppo basso contrasto intrinseco nei confronti dei tessuti circostanti), alla scarsa qualità della mammografia, al mancato riconoscimento da parte del radiologo. I limiti della mammografia sono particolarmente gravi nelle donne con un seno cosiddetto "denso", nelle quali la presenza di una ghiandola mammaria di elevata radiopacità impedisce uno studio adeguato e rende difficoltoso, se non impossibile, il riconoscimento dei segni radiologici del tumore.
La maggiore limitazione alla risoluzione di questi problemi sta nella natura stessa delle modalità con cui si ottiene l’immagine mammografica: nel sistema tradizionale, infatti, l’acquisizione, l’esame e l’archivio dell’immagine sono tutti concentrati in un unico oggetto, la pellicola radiografica, con impossibilità quindi di ottimizzare separatamente le singole procedure.