Tutti (tranne Monti) contro la spending review targata Enrico Bondi.
Tutti (sotto elezioni) contro l'invasione dei partiti nelle asl e negli
ospedali. Tutti che battono la grancassa della ricerca e della
meritocrazia, riconoscono il ruolo dell'industria della salute e
promettono una parte centrale all'esercito di oltre 1,5 milioni di
italiani (ed elettori) che lavorano nel settore. Molti fautori di un
ruolo forte del ministero, Monti che vuole un cambio di rotta sul
federalismo sanitario, la Lega che invece lo recita come un mantra. Ma
non tutti in sintonia sul futuro welfare: chi strizza l'occhio
all'arretramento dello Stato, chi rivendica l'universalità ma cambiando
parecchio, chi agita la carta dei fondi integrativi e chi la rinnega,
chi dice basta all'aziendalizzazione che sta per compiere 18 anni.
Giusto l'eta per votare.
Partiti in ordine sparso ma con tante promesse sulla sanità verso le
elezioni. A conferma che il sistema-salute, con oltre 110 miliardi di
spesa pubblica l'anno (e 30 di spesa privata) e una filiera che vale
l'11,2% del pil, è insieme un ingombro e un fortino di potere
eccezionale.
A dominare il dibattito è l'allarme lanciato da Monti fin da
novembre: il rischio di sostenibilità per il Ssn senza interventi non
semplicemente di lifting. Allarme che il Pd ha restituito al mittente,
rilanciando la palla nella metà campo ormai avversaria: «Come diceva un
rapporto canadese degli anni Novanta, la sostenibilità è quella che uno
Stato (e un Governo) decide di darsi». Ovvero, quanto ci si vuole
scommettere e investire. Che welfare sanitario, insomma, darci per
l'oggi e costruire per il domani.
Intanto i partiti già con le
candidature hanno dato precisi segnali. Ecco così nel Pd i presidenti
dell'Ordine dei medici e del collegio degli infermieri. Nel Pdl invece i
vertici dell'Ordine dei farmacisti. Sirene per le categorie,
indicazioni di marcia. Non sono un caso le parole di Angelino Alfano:
«Se vince il Pd vi asfalta», ha detto ai farmacisti riferendosi alle
note voglie bersaniane di liberalizzazioni. Così Stefano Fassina,
responsabile economico Pd, ha replicato: «Non asfaltiamo nessuno,
vogliamo il dialogo». Come ha fatto anche l'ormai montaniano ministro
Renato Balduzzi.
Intanto parlano i
programmi.
Con tutte le tare pre-voto. Il Pd s'è gettato per primo nella mischia
con lo slogan: basta tagli, largo agli investimenti. E sui nuovi ticket
frena: o si eliminano o, se il fisco funziona, pensare di legarli ai
redditi. Altolà all'attuale spending, ma azzerando sprechi e
inefficienze con un'organizzazione riveduta e corretta: cure sul
territorio da rifare (e da finanziare) poi ospedali da mettere in linea.
Stop al federalismo spacca Italia, via a un ministero più forte. Dare
all'industria, a partire da quella farmaceutica, una programmazione
almeno triennale. Poi un ruolo forte agli operatori, la prevenzione, la
tutela assicurativa dei medici.
Decisamente più scarno il
programma
del Pdl. Che rilancerà la legge sul biotestamento, la sussidiarietà, la
riforma della legge Basaglia, un ruolo pubblico-privato nel segno della
par condicio. E dei «prezzi di riferimento». Mentre la Lega, socia di
centro-destra, ha un solo vero obiettivo: avanti a colpi di federalismo e
di costi standard. Ma sembra isolata nel suo alzar la voce. Le macro
Regioni, il super Nord come stelle lucenti.
I partiti della «Lista civica» per Monti presenteranno domani il
programma nel segno del «diritto alla salute». Ma qualcosa trapela:
salvare l'universalità con forti dosi di efficienza, rafforzando il
ruolo del ministero facendo tornare allo Stato la (quasi) piena
competenza sulla salute. Anche cambiando le regole per spartire le
risorse, liberando il Ssn dall'invadenza dei partiti, garantendo la
trasparenza on line anche per conoscere la qualità delle prestazioni di
ogni ospedale. Valorizzando merito ed eccellenze. E l'industria, volano
«di ricchezza e di occupazione». Insomma: salvare il soldato Ssn, ma
rivestendolo da cima a fondo.
Poi ci sono gli altri outsider. M5S di Beppe Grillo rilancia su
equità e universalità, chiede ticket tarati sui redditi e di cambiare la
devolution. Ma anche di reintrodurre i Cda nelle asl ed impedire
l'attività privata dei medici, incentivando il merito anche con tetti
massimi nell'attività privata. «Fermare il declino», per parte sua,
rilancia la lotta agli sprechi e alle clientele e propone una
competizione ad armi pari col privato. Esattamente il contrario di
«Rivoluzione civile» che fa del servizio pubblico la stella polare
(dunque facendo regredire il privato) e mette gli obiettivi di salute
prima di quelli economici.
Di tutto, di più. Prima del voto. Dopo il voto, si vedrà. Anche se serviranno altre manovre, e a chi toccherà pagare.
Le proposte dei partiti sulla salute
PD-SEL-PSI
Stop a tagli e definanziamento del Ssn: nel settore, anzi, si deve
investire di più. Ma aggredendo sacche di spreco, inefficienze
clientelari e cambiando la governance. Per i nuovi ticket (2 miliardi in
più dal 2014) puntare a soluzioni alternative, anche su ticket tarati
sui redditi familiari se il Fisco funziona. Altolà ai tagli lineari
(spending) e per i fondi integrativi interventi limitati alla
regolazione normativa e fiscale. Il ruolo del ministero va rafforzato
senza più subalternità verso l'Economia e derive federaliste.
Riconoscere il ruolo trainante dell'industria, a partire dal
farmaceutico, con una programmazione di 3-5 anni. E ancora: partiti
fuori dalle nomine, puntare sulla prevenzione, riqualificare le cure sul
territorio e rivedere il ruolo degli ospedali, tutela assicurativa per i
medici, ruolo cruciale degli operatori.
PDL-LEGA
Il programma del Pdl è estremamente scarno. Nel Welfare in generale,
si dice di voler puntare sulla sussidiarietà, con un accenno chissà se
valido anche per la sanità al «buono-dote e credito d'imposta per la
libera scelta nei servizi del Welfare». Cambiare la legge Basaglia del
1978 sulla salute mentale, altro slogan, possibile richiesta di cambiare
la spending review e di tutelare i medici dai rischi clinici. Fare la
legge sul biotestamento. Rapporto pubblico-privato da riequiibrare, nel
segno della par condicio. Sul federalismo le anime Nord-Sud sicuramente
non hanno trovato una sintesi: piacciono i prezzi di riferimento, chissà
fino a che punto.
Il Carroccio invece va a tutto federalismo e dei
costi standard fa la sua bandiera pressoché esclusiva: «È il presupposto
fondamentale – afferma – per garantire il diritto alla salute».
SCELTA CIVICA
Assicurare l'universalità delle cure ma con un forte recupero di
efficienza del sistema. Dunque, rinnovare in profondità definendo
precisione le prestazioni da garantire nello stesso modo a ogni
latitudine. Ticket sostituiti con una franchigia legata al reddito Isee.
Rafforzare il ministero e il suo ruolo di indirizzo e di controllo e
affidare allo Stato la competenza sulla salute. Cure h24 modello
Balduzzi e taglio dei posti letto negli ospedali. Nuove regole di
riparto, stop all'invadenza dei partiti. Garanzie ai medici sul rischio
clinico. Regole chiare nel rapporto pubblico-privato, definendo le
prestazioni dei Fondi integrativi. Ruolo attivo e partecipe dei
cittadini, garantendo visibilità e conoscenza (on line) delle
prestazioni e della loro qualità nelle strutture. Valorizzare eccellenze
e i meriti, riconoscere il volano dell'industria della salute come
creatrice di ricchezza e di occupazione.
MOVIMENTO 5 STELLE
Garantire a tutti l'equità e l'accesso alle prestazioni essenziali,
anche con ticket proporzionali ai redditi. Monitorare e correggere la
devolution. Promuovere i farmaci fuori brevetto e prescrivere solo per
principio attivo, niente incentivi economici agli informatori
scientifici. Non consentire ai medici pubblici di operare nel privato,
incentivandone la permanenza nel Ssn, premiando il merito anche con
tetti massimi nell'attività privata. Trasparenza e snellimento
burocratico: liste d'attesa, centri di prenotazione e convenzioni coi
privati on line. Reintrodurre i Cda nelle Asl e negli ospedali per
limitare il potere dei direttori generali. Possibilità di donare l'8 per
mille alla ricerca medico-scientifica e finanziare la ricerca
indipendente attingendo ai fondi per quella militare. Investire sui
consultori familiari e sulla sicurezza.
RIVOLUZIONE CIVILE
La parola d'ordine è secca: «Rafforzare il sistema sanitario
pubblico e universale». Con un'attenzione particolare che dev'essere
rivolta alla non autosufficienza. Lo stesso leader di Rivoluzione
civile, Antonio Ingroia, ha poi aggiunto che la gratuità dei farmaci va
estesa ad alcuni farmaci di fascia C senza prodotti analoghi in fascia
A, soprattutto per i pensionati e per i bassi redditi. No ai tagli
lineari indiscriminati contro i cittadini e le eccellenze. Eliminare
tutte le misure che hanno favorito la sanità privata. Investire nella
prevenzione, restituire un ruolo attivo ai Comuni, rivedere la rete
ospedaliera con meno tagli dei posti letto ma creando cure e servizi
territoriali. Stop all'aziendalizzazione e alla prevalenza degli
obiettivi economici su quelli di salute, impedire il doppio lavoro nel
pubblico e nel privato, nuove nomine per i manager svincolandoli dal
potere politico.
FARE PER FERMARE IL DECLINO
Eliminare le sacche di spreco e definire chiaramente i contorni e il
ruolo del servizio pubblico. «Sistema pubblico non vuol dire "non
privato"», ha detto lo stesso leader di «Fermare il declino», Oscar
Giannino. In questa direzione, dunque, saranno necessarie iniezioni di
concorrenza a vasto raggio tra il sistema pubblico e il privato. Sulla
falsariga del modello, secondo FiD, seguito negli ultimi anni dalla
Germania dove l'aumento della componente privata rispetto a quella
pubblica avrebbe consentito di contenere meglio i costi generali. Tra
gli sprechi, massima attenzione a quelli legati all'acquisto di
forniture da parte di Asl e ospedali, cresciuti a livello esponenziale.
Rilancio e massima attenzione al ruolo delle industrie di settore. A
cominciare da quella farmaceutica, colpita in quattro anni da tagli per
11 miliardi che avrebbe potuto reinvestire in ricerca e innovazione.